CORTE EDU
COMITATO EUROPEO DEI DIRITTI SOCIALI
CORTE COSTITUZIONALE
GIUSTIZIA COMUNE
ATTIVITÀ STRAGIUDIZIARIE
CORTE EDU
La Corte europea dei diritti dell’uomo, istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ne assicura il rispetto.
Ha sede a Strasburgo e non fa parte dell’Unione europea, al contrario della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha sede in Lussemburgo e che è una istituzione effettiva dell’Unione europea.
La Corte europea dei diritti dell’uomo è formata da tanti giudici quanti sono gli Stati Parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sono eletti dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa tra i tre candidati proposti da ogni Stato per un mandato di sei anni.
La Corte europea si divide in cinque sezioni, all’interno delle quali sono formati dei comitati formati da tre giudici, che esaminano in via preliminare le questioni che vengono presentate alla Corte. Vi sono inoltre all’interno di ogni sezione camere composte da sette giudici che risolvono in via ordinaria i casi presentati davanti alla Corte.
La Grande camera della Corte europea è formata dal Presidente della Corte stessa, dai vicepresidenti e da altri quattordici giudici ed esamina i casi complessi.
Fecondazione eterologa
A seguito della prima decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del primo aprile 2010 che aveva accertato la violazione della Convenzione Europea da parte del divieto di donazione di gameti previsto dall’ordinamento austriaco, è stata chiamata a pronunciarsi sulla medesima questione la Grande Camera della stessa Corte.
Il 3 novembre 2011 la Grande Camera ha emesso la sentenza definitiva sul caso (S. H. e altri contro Austria), superando la decisione precedente e ritenendo che la disciplina austriaca non sia contrastante con la Convenzione Europea.
In particolare, la Grande Camera ha ritenuto che le disposizioni austriache non abbiano superato il margine di apprezzamento e discrezionalità che è riservato agli Stati membri.
Con riguardo al divieto di donazione di ovuli la Grande Camera ha riconosciuto che la normativa abbia inteso garantire legittimamente l’identità genetica del nato e dunque abbia inteso evitare che due donne possano rivendicarne la maternità.
Con riferimento alla donazione di gameti maschili, la Grande Camera, in ragione della diversa modulazione della disciplina che vieta solo la donazione di sperma destinata alla fecondazione in vitro, consentendo quella in vivo, sottolinea la necessità di individuare specifiche argomentazioni che rendano giustificato tale parziale divieto. Questa giustificazione viene individuata nell’approccio del legislatore austriaco che ha inteso dare applicazione al principio di precauzione.
Matrimonio omosessuale
L’assenza di una regolamentazione giuridica organica delle unioni tra persone dello stesso sesso e le difficoltà riscontrate sul piano dell’ordinamento nazionale hanno indotto alcune coppie omosessuali a scegliere di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
La strategia giudiziaria si è articolata nella stesura di due gruppi distinti di ricorsi.
Con il primo gruppo di ricorsi, le coppie ricorrenti lamentano l’impossibilità di contrarre matrimonio all’interno dell’ordinamento italiano e lamentano la violazione degli articoli 12 (Diritto al matrimonio), 8 (Diritto alla vita privata e familiare) e 14 (Divieto di discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il secondo gruppo di ricorsi è stato, invece, originato dal rifiuto, opposto dalle autorità italiane alle coppie ricorrenti, di procedere alla trascrizione dei rispettivi atti di matrimonio conclusi all’estero.
Le coppie ricorrenti lamentano, quindi, la violazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, rilevando come l’impossibilità di ottenere la trascrizione del matrimonio concluso all’estero costituisca una discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale nella loro vita privata e familiare.
Entrambi i gruppi di ricorsi sono attualmente pendenti dinanzi alla Seconda Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e in attesa di definizione.
Limiti alla ricerca scientifica
Pende il giudizio davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia relativo ai limiti posti dalla legge n. 40 del 2004 alla ricerca scientifica sugli embrioni.
La ricorrente in particolare lamenta il fatto che la normativa italiana le vieti di donare i suoi embrioni per fini di ricerca scientifica, obbligandola a mantenerli in stato di crioconservazione.
In tal modo si compromettono sia la libertà di ricerca scientifica, che potrebbe essere effettuata su embrioni già creati e destinati alla crioconservazione a tempo indeterminato e che quindi non richiederebbe la creazione di embrioni al solo scopo di destinarli alla sperimentazione scientifica, sia la libertà di espressione, quale aspetto fondamentale della stessa libertà di ricerca scientifica.
Il 18 giugno 2014 si è tenuta presso la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo l’udienza per decidere il caso, di cui si attende la pubblicazione della sentenza.